I DISTRETTI INDUSTRIALI: ELEMENTI FONDAMENTALI E STRUTTURE

I TRE PUNTI CARDINE

Riassumendo e focalizzando, i DI hanno tre caratteristiche vincenti di fondamentale importanza.

Il primo è la specializzazione flessibile che ha segnato il passaggio dall'impresa di grandi dimensioni di tipo fordista, basata sulla standardizzazione dei processi e dei prodotti, alla suddivisione del lavoro tra piccole imprese strettamente interdipendenti e concentrate in un'area definita.
Questo modello è stato in grado di fronteggiare la complessità e la turbolenza ambientale. Esso ha permesso di ottenere forti economie di scala, come per le grandi imprese, e forte capacità di adattamento (inteso come variazione di volume e di mix) come le piccole imprese, anche se entro determinati limiti.

La seconda evidenza è quella dell'atmosfera industriale, che rappresenta un complesso insieme di relazioni sociali ed economiche di natura informale, incontri favoriti dalla piccola dimensione aziendale (più informalità e meno burocrazia) e dalla vicinanza delle sedi di lavoro (più contatti diretti e personali); ciò ha contribuito anche a tenere bassi i prezzi dei costi di transazione, ovvero dei passaggi di beni e conoscenze da un'azienda interdistrettuale ad un'altra. Con la crescita delle dimensioni distrettuali la necessità di aumentare l'intensità ed il numero delle relazioni è stata quella che più ha contribuito all'introduzione delle innovazioni comunicative ed informative dell'ICT.

Infine i processi di apprendimento, che si distinguono in conoscenza di origine esterna, derivante da una continua interazione della realtà distrettuale con l'ambiente esterno, e conoscenza di origine interna, frutto del patrimonio genetico del Distretto.
La prima può essere identificata fondamentalmente con l'insieme delle conoscenze tecnologiche acquisite tramite l'innesto di prodotti e servizi, solitamente attività no core, ovvero non strettamente collegate col business aziendale.
Alla seconda, invece, appartengono le conoscenze di natura "operativa-esperienziale", frutto della memoria storica dei processi produttivi e dell'interazione tra le diverse unità distrettuali.
Tale capacità si è rivelata la più importante fonte di vitalità economica dei DI almeno fino a quando il contesto competitivo in cui essi hanno operato è stato tendenzialmente statico e l'apprendimento adattativo, caratterizzato da un comportamento di tipo "stimolo-risposta" e basato su un processo di miglioramento incrementale dei prodotti, dei servizi, delle tecnologie e delle azioni di marketing.
Il miglioramento delle prestazioni richiesto dal processo di internazionalizzazione a fronte di una competitività crescente passa da un'accurata analisi e gestione dell'insieme di conoscenze e soprattutto da una risposta non più conseguenza dello stimolo, ma di una previsione

IL SETTORE INDUSTRIALE

Sembra che la formazione dei Distretti industriali abbia interessato prevalentemente alcuni settori produttivi piuttosto che altri, e in particolare quel settori in cui:

Nello specifico, i prodotti tipici realizzati nei Distretti italiani sono i beni di consumo durevoli per la persona (abbigliamento, calzature, occhiali, ecc.) e le materie prime relative (tessili, cuoio, pelli); i beni per la casa (mobili, ceramiche, vetri); le macchine che servono a produrre gli uni e gli altri beni. Si tratta di produzioni cosiddette tradizionali a tecnologia matura, caratterizzate da un elevato contenuto stilistico e fortemente soggette al fattore moda.
Dai punti sopra elencati sembrerebbe non esserci grande spazio per investimenti complessi, o comunque a costo medio alto; come descritto nel primo punto, gli investimenti sono ridotti. Di conseguenza, investimenti di informatizzazione, automazione e controllo dei processi sarebbe possibile solo in determinate condizioni.
Nei Distretti con impresa leader, quest'ultima ha la capacità capacità finanziaria di una grande azienda, e potrebbe sostenere un investimento rilevante; essa stessa ha notevole influenza e potere decisionale, diretto ed indiretto, nei confronti delle altre imprese del Distretto.
Nei Distretti con metamanagement sarebbero forse possibili interventi di ristrutturazione del Distretto, ma forse comporterebbe tempi lunghi, soprattutto se il consorzio è pubblico.
Un'ultima soluzione, possibile in tutte e tre le configurazioni che sono state mostrate precedentemente, è quella dell'interessamento, o comunque del coinvolgimento, di imprese private con sufficiente esperienza e di dimensioni adatte, che entrino a stretto contatto con il DI e che facciano da catalizzatore e motore propulsivo per l'introduzione delle giuste innovazioni.
E' il caso che verrà illustrato nel seguito del lavoro, ovvero della impresa Unitec, dello strumento del Magazzino Virtuale e dei Sistemi di Supporto alle decisioni.

 


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